Ovunque tu vada, camminaci con tutto il cuore.
Abbiamo respirato aria di montagna, vera vita oltre il quotidiano.
Le ultime due settimane del Cammino Naturale dei Parchi (accorciate ad una) son state per noi una ventata di forte ispirazione. Abbiamo attraversato la natura e ne abbiamo colto ogni beneficio, ogni insegnamento. Rispettando la natura e comprendendo ogni sua verde sfumatura siamo in grado di ricongiungerci con lei, la nostra Madre Terra.
200 Kilometri in sette giorni, otto borghi attraversati, un parco nazionale visitato, dieci volontari del servizio civile nazionale.
L’alba montuosa ha rigenerato i nostri corpi e le nostre menti. L’accoglienza ricevuta ci ha ricaricati.
La coltivazione di lenticchie è tipica dell’altopiano che prende il nome del lago che ospita. La pastorizia qui fa la storia, ed ogni anno si svolge una famosa mostra di ovini. Il lago è fonte di vitalità e quotidianità per tutto il circondario.
Il monte Nuria attendeva la nostra scalata. Svegli, ci siamo diretti verso le sue pendici, con passo costante e rispettoso. Le curve sinuose ci hanno accolto fino alla cima del monte stesso. Ringraziandolo siamo arrivati fino ad Antrodoco.
Come nel migliore dei sogni ci siamo lasciati incantare. Non a caso l’origine del nome di questo borgo vuol significare “tra le montagne”. Ci siamo sentiti coccolati.
Il cammino verso nord est, lungo l’antica via Salaria procedeva di buon passo; la destinazione finale è l’Aquila, capitale degli appennini e i kilometri da percorrere erano ancora molti. Il Sole albeggiante ci sorrideva, abbiamo riposto fiducia nel cammino. Ci siamo fatti coccolare dall’ospitalità dagli abitanti di montagna.
L’eternità dei Monti della Laga, nel roseo tramonto evocativo. Il Monte Gorzano ci ispirava fortezza e grandi aspirazioni.
Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Campotosto. Questi borghi, dilaniati dal terremoto del 2016, vivono di comunità. Quando siamo arrivati ad Amatrice il 30 Settembre ce ne siamo accorti. Si sentiva un’aria diversa dalla solita città, dal solito caos. È la genuinità dell’accoglienza, della montagna. Ci hanno insegnato che da una catastrofe sismica, dal dolore e dalla morte si può rifiorire, risplendere e rinascere. Tecnicamente i sentieri sono bentenuti fino ad Amatrice. I percorsi sono agibili e si gode di una natura che è maestra dei nostri tempi e del nostro ristoro.
Abbiamo superato, dopo Amatrice il confine Lazio Abruzzo segnato dalla cima del Monte Cardito. La veduta sul Lago della cima è di una bellezza genuina.
Mancava davvero poco da Campotosto all’Aquila. Ortolano, la Valle dei Chiarino, San Pietro della Ienca. 50.5 Kilometri a la Basilica di Collemaggio si sarebbe rivelata davanti a noi. Camminare, camminare, camminare. Il Gran Sasso, il massiccio montuoso più alto degli Appennini, si ergeva di fronte a noi ormai non molto distante. Attraversandolo ci si rende conto di quanto spiritualità e natura siano delle sfere sociali, comportamentali e interiori sempre più indissolubili e gemelle. Tanta la stanchezza e fatica accumulata come i ricordi, e un pizzico di nostalgia che sta nascendo. Su tutti i nostri pensieri il Monte Corvo ci accarezza e protegge.
I ricordi sono la nostra forza. La forza di andare avanti e godere di ogni naturale bellezza. Il Santuario di San Pietro della Ienca è davvero di naturale bellezza. Appare semplice, coeso con il panorama appenninico. Esso è ospitato all’interno di un piccolo borgo medievale completamente restaurato in pietra locale, che fu importante per la fondazione della città dell’Aquila e divenne nel ‘600 un centro notevole per la produzione di zafferano sotto la dominazione spagnola. La chiesa in muratura di ridotte dimensioni ha una configurazione planimetrica regolare ad aula unica rettangolare, con facciata a capanna. È diventata “Chiesa sub umbra Petri”, cioè chiesa legata particolarmente alla basilica vaticana romana. Presso la chiesa si trovano di ornamento la stele, la fontana in pietra, e la statua bronzea di San Giovanni Paolo II con una palma, mentre è nell’atto di benedire.
Ultima tappa. Dal borgo di san Pietro della Ienca all’Aquila, capitale degli Appennini.
Il corno grande che ci porge omaggio lo lasciamo alle nostre spalle. 14 Kilometri. Molta fatica, molto do lore e qualche difficoltà orientativa anche a causa dei segnali poco evidenti. Ciò non ci ha fatto demordere. Collebrincioni fa parte del nostro immediato passato.
La valle si apre, il Convento di San Giuliano. La Capitale degli appennini ci accoglie con un caldo abbraccio.
La fatica si fa davvero sentire. Ogni piccolo passo ci ha portati a questa meravigliosa meta.
Eccoci. Siamo arrivati al punto finale del Cammino. La Basilica di Collemaggio risplende guardando il nord ovest. Ammiriamo, con rispetto e devozione al divino.
Il viaggio si conclude, il tramonto dietro di noi è il simbolo di un viaggio finito; un auspicio ad un viaggio che deve iniziare. Questo viaggio, nel particolare ci ha resi più uniti, ci ha rafforzato un valore forse sottovalutato ma che rende la nostra esistenza più consapevole: L’amicizia.
Ringraziamo chi ci ha ospitati. Ringraziamo tutte quelle persone che hanno reso il nostro viaggio un percorso di naturale essenza e consapevole riappacificazione e riavvicinamento alla nostra Terra. Ogni borgo, ogni singola comunità è un prezioso fuoco nel freddo ed insensibile gelo. L’unione e la comunità rendono le nostre azioni più efficaci, ci rendono più vivi.
Ad maiora.
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